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      d'ingannarlo una via. Calarsi all'Ida
      in tutto il vezzo della sua persona,
      infiammarlo d'amor, trarlo rapitodi sua beltà nelle sue braccia, e dolce
      nelle palpebre e nell'accorta menteinsinuargli il sonno, ecco il partito
      che le parve il miglior. Tosto al regalesuo talamo s'avvìa, che a lei l'amato
      figlio Vulcano fabbricato aveacon salde porte, e un tal serrame arcano
      che aperto non l'avrebbe iddio veruno.
      Entrovvi: e chiusa la lucente soglia,
      con ambrosio licor tutto si tersepria l'amabile corpo, e d'oleosa
      essenza l'irrigò, divina essenzafragrante sì che negli eterni alberghi
      del Tonante agitata e cielo e terrad'almo profumo rïempìa. Ciò fatto,
      le belle chiome al pettine commise,
      e di sua mano intorno all'immortaleaugusto capo le compose in vaghi
      ondeggianti cincinni. Indi il divinopeplo s'indusse, che Minerva avea
      con grand'arte intessuto, e con auratefulgide fibbie assicurollo al petto.
      Poscia i bei fianchi d'un cintiglio a moltefrange ricinse, e ai ben forati orecchi
      i gemmati sospese e rilucentisuoi ciondoli a tre gocce. Una leggiadra
      e chiara come sole intatta bendadopo questo la Diva delle Dive
      si ravvolse alla fronte. Al piè gentilealfin legossi i bei coturni, e tutte
      abbigliate le membra uscì pomposa,
      ed in disparte Venere chiamata,
      così le disse: Mi sarai tu, cara,
      d'una grazia cortese? o meco irata,
      perch'io gli Achivi, e tu li Teucri aiti,
      negarmela vorrai? - Parla, risposel'alma figlia di Giove: il tuo desire
      manifestami intero, o venerandaSaturnia Giuno. Mi comanda il core
      di far tutto (se il posso, e se pur lice)


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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