dell'alma terra agli ultimi confinia visitar de' numi il genitore
Oceano e Teti, che ne' loro alberghicon grande cura m'educâr fanciulla.
Vado a comporne la discordia: ei sonoe di letto e d'amor per ire acerbe
da gran tempo divisi. Alle radicid'Ida lasciati ho i miei destrier che ratta
su la terra e sul mar mi porteranno.
Or qui vengo per te, ché meco irartinon dovessi tu poi se taciturna
del vecchio iddio n'andassi alla magione.
Altra volta v'andrai, Giove rispose:
Or si gioisca in amoroso amplesso;
ché né per donna né per Dea giammaimi si diffuse in cor fiamma sì viva:
non quando per la sposa Issïonèa,
che Piritòo, divin senno, produsse,
arsi d'amor, non quando alla gentilefiglia d'Acrisio generai Persèo,
prestantissimo eroe, né quando Europa
del divin Radamanto e di Minosse
padre mi fece. Né le due di Tebe
beltà famose Sèmele ed Alcmena,
d'Ercole questa genitrice, e quelladi Bacco dei mortali allegratore;
né Cerere la bionda, né Latona,
né tu stessa giammai, siccome adesso,
mi destasti d'amor tanto disìo.
E l'ingannevol Diva: Oh che mai parli,
importuno! Ascoltar vuoi tu d'amorele fantasie qui d'Ida in su le vette
dove tutto si scorge? E se qualcunodegli Dei ne mirasse, e agli altri Eterni
conto lo fêsse, rïentrar nel cielocon che fronte ardirei? Ciò fôra indegno.
Pur se vera d'amor brama ti punge,
al talamo n'andiam, che il tuo dilettofiglio Vulcan ti fabbricò di salde
porte; e quivi di me fa il tuo volere.
Né d'uom mortale né d'iddio verunolo sguardo ne vedrà, Giove riprese.
Diffonderotti intorno un'aurea nube
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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