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      cadan, fuggendo, del Pelìde Achille.
      Questi allor nella pugna il suo dilettoPatroclo manderà, che morta in campo
      molta nemica gioventù col divomio figlio Sarpedon, morto egli stesso
      cadrà, prostrato dall'ettòrea lancia.
      Dell'ucciso compagno irato Achille
      spegnerà l'uccisore, e da quel puntofarò che sempre sian respinti i Teucri,
      finché per la divina arte di Palla
      il superbo Ilïon prendan gli Achei.
      Né l'ire io deporrò, né che verunodegli Dei qui l'argive armi soccorra
      sosterrò, se d'Achille in pria non veggoadempirsi il desìo. Così promisi,
      e le promesse confermai col cennodel mio capo quel dì che i miei ginocchi
      Teti abbracciando, d'onorar pregommicoll'eccidio de' Greci il suo gran figlio.
      Disse, e la Diva dalle bianche bracciaobbedïente dall'idèa montagna
      all'Olimpo salì. Colla prestezzacon che vola il pensier del vïatore,
      che scorse molte terre le rïandain suo secreto, e dice: Io quella riva,
      io quell'altra toccai: colla medesmarattezza allor la veneranda Giuno
      volò dall'Ida sull'eccelso Olimpo,
      e sopravvenne agl'Immortali, accoltinelle stanze di Giove. Alzârsi i numi
      tutti al vederla, e coll'ambrosie tazzel'accolsero festosi. Ella, negletta
      ogni altra offerta, la man porse al nappoappresentato dalla bella Temi
      che primiera a incontrar corse la Dea,
      così dicendo: Perché riedi, o Giuno?
      Tu ne sembri atterrita. Il tuo consorten'è forse la cagion? - Non dimandarlo,
      Giuno rispose. Quell'altero e crudosuo cor tu stessa già conosci, o Diva.
      Presiedi ai nostri almi convivii, e tostoqui con tutti i Celesti udrai di Giove


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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