Dio del mar, la veloce Iri soggiunse,
questa dunque vuoi tu che a Giove io rechidura e forte risposta? E raddolcirla
in parte almeno non vorrai? De' buonipieghevole è la mente; e chi primiero
nacque ha ministre, tu lo sai, l'Erinni.
Tu parli, o Diva, il ver, l'altro riprese:
e gran ventura è messaggier che avvisaciò che più monta. Ma di sdegno avvampa
il cor quand'egli minaccioso oltraggiame suo pari di grado e di destino.
Pur questa volta porrò freno all'ira,
e cederò. Ma ben vo' dirti io pure
(e dal cor parte la minaccia mia),
se Giove, a mio dispetto e di Minerva
e di Giuno e d'Ermete e di Vulcano,
risparmierà dell'alto Ilio le torri,
né atterrarle vorrà, né darne interala vittoria agli Achei, sappia che questo
fia tra noi seme di perpetua guerra.
Lasciò, ciò detto, il campo e in mar s'ascose,
e ne sentiro la partenza in pettoi combattenti Achei. Si volse allora
Giove ad Apollo, e disse: Or vanne, o caro,
al bellicoso Ettòr. Lo scotitoredella terra evitando il nostro sdegno
fe' ritorno nel mar. Se ciò non era,
della pugna il rimbombo avrìa feritoanche l'orecchio degl'inferni Dei
stanti intorno a Saturno. Ad ambedueme' però torna che schivato egli abbia,
fatto più senno, di mie mani il peso;
perché senza sudor la non sarìacerto finita. Or tu la fimbrïata
Egida imbraccia, e forte la percoti,
e spaventa gli Achei. Cura ti prenda,
o Saettante, dell'illustre Ettorre,
e tal ne' polsi valentìa gli metti,
ch'egli fino alle navi e all'Ellesponto
cacci in fuga gli Achivi. Allor la viatroverò che i fuggenti abbian respiro.
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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