Obbedì pronto Apollo, e dall'idèacima disceso, simile a veloce
di colombi uccisor forte sparvierode' volanti il più ratto, al generoso
Prïamide n'andò. Dal suol già surtoe risensato il nobile guerriero
sedea, ripresa degli astanti amicila conoscenza: perocché, dal punto
che in lui di Giove s'arrestò la mente,
l'anelito cessato era e il sudore.
Stettegli innanzi il Saettante, e disse:
Perché lungi dagli altri e sì spossato,
Ettore siedi? e che dolor ti opprime?
E a lui con fioca e languida favelladi Priamo il figlio: Chi se' tu che vieni,
ottimo nume, a interrogarmi? Ignoriche il forte Aiace, mentre che de' suoi
alle navi io facea strage, mi colsed'un sasso al petto, e tolsemi le forze?
Già l'alma errava su le labbra; e certodi veder mi credetti in questo giorno
l'ombre de' morti e la magion di Pluto.
Fa cor, riprese il Dio: Giove ti mandasoccorritore ed assistente il sire
dell'aurea spada, Apolline. Son ioche te finor protessi e queste mura.
Or via, sveglia il valor de' numerosisquadroni equestri, ed a spronar gli esorta
verso le navi i corridori. Io posciali precedendo spianerò lor tutta
la strada, e fugherò gli achivi eroi.
Disse, ed al duce una gran forza infuse.
Come destrier di molto orzo in riposoalle greppie pasciuto, e nella bella
uso a lavarsi correntìa del fiume,
rotti i legami, per l'aperto correinsuperbito, e con sonante piede
batte il terren; sul collo agita il crine,
alta estolle la testa, e baldanzosodi sua bellezza, al pasco usato ei vola
ove amor d'erbe il chiama e di puledre:
tale, udita del Dio la voce, Ettorre
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Apollo Giove Saettante Priamo Aiace Pluto Dio Giove Apolline Dio Ettorre
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