all'uopo che pur n'hai, teco indugiarmipiù lungamente: assisteratti il servo;
io ne volo ad Achille onde eccitarloalla pugna. Chi sa? forse un propizio
nume darammi che mia voce il tocchi;
degli amici il pregar va dolce al core.
Così detto, volò. Gli Achivi intantofermi de' Teucri sostenean l'assalto;
ma dalle navi non sapean, quantunquedi numero minori, allontanarli;
né i Troiani potean romper de' Greci
le stipate falangi, e insinuarsitra le navi e le tende. E a quella guisa
che in man di fabbro da Minerva istrutto,
il rigo una naval trave pareggia;
così de' Teucri egual si diffondeae degli Achei la pugna; ed altri a questa
nave attacca la zuffa, ed altri a quella.
Ma contro Aiace dispiccato Ettorre,
intorno ad un sol legno ambo gli eroitravagliansi, né questi era possente
a fugar quello e il combattuto pinoincendere, né quegli a tener lunge
questo, ché un nume ve l'avea condotto.
Colpì coll'asta il Telamònio alloraCaletore di Clìzio in mezzo al petto,
mentre alle navi già venìa col foco.
Rimbombò nel cadere, e dalla manocascògli il tizzo. Come vide Ettorre
riverso nella polve anzi alla poppail consobrino, alzò la voce, e i suoi
animando gridò: Licii, Troiani,
Dardani bellicosi, ah dalla pugnanon ritraete in questo stremo il piede!
Deh non patite che di Clìzio il figlio,
da valoroso nel pugnar caduto,
sia dell'armi dispoglio. - E sì dicendo,
Aiace saettò colla fulgentelancia, ma in fallo; e Licofron percosse
di Mastore figliuol che reo di sanguedalla sacra Citera esule venne
al Telamònio, e v'ebbe asilo, e poscia
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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