da rupe alpestre. Riguardollo, e n'ebbepietà il guerriero piè-veloce, e disse:
Perché piangi, Patròclo? Bambolettasembri che dietro alla madre correndo
torla in braccio la prega, e la rattieneattaccata alla gonna, ed i suoi passi
impedendo piangente la riguardafinch'ella al petto la raccolga. Or donde
questo imbelle tuo pianto? Ai Mirmidóni
o a me medesmo d'una ria novellasei forse annunziator? Forse di Ftia
la ti giunse segreta? E pur la famavivo ne dice ancor Menèzio, e vivo
tra i Mirmidón l'Eàcide Pelèo,
d'ambo i quali d'assai grave a noi fôracerto la morte. O per gli Achei tu forse
le tue lagrime versi, e li compiagnilà tra le fiamme delle navi ancisi,
e dell'onta puniti che mi fêro?
Parla, m'apri il tuo duol, meco il dividi.
E tu dal cor rompendo alto un sospirocosì, Patròclo, rispondesti: O Achille,
o degli Achei fortissimo Pelìde,
non ti sdegnar del mio pianto. Lo chiededegli Achei l'empio fato. Oimè, che quanti
eran dianzi i miglior, tutti alle navigiaccion feriti, quale di saetta,
qual di fendente. Di saetta il forteTidìde Dïomede, e di fendente
l'inclito Ulisse e Agamennón; trafittaei pur di freccia Eurìpilo ha la coscia.
Intorno a lor di farmaci molt'oprafan le mediche mani, e le ferite
ristorando ne vanno. E tu resistiinesorato ancora? O Achille! oh mai
non mi s'appigli al cor, pari alla tua,
l'ira, o funesto valoroso! E s'oggisottrar nieghi gli Achivi a morte indegna,
chi fia che poscia da te speri aita?
Crudel! né padre a te Pelèo, né madreTetide fu: te il negro mare o il fianco
partorì delle rupi, e tu rinserri
| |
Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
|
|
Patròclo Mirmidóni Ftia Menèzio Mirmidón Eàcide Pelèo Achei Patròclo O Achille Achei Pelìde Achei Dïomede Ulisse Agamennón Eurìpilo Achille Achivi Pelèo
|