cuor di rupe nel sen. Se dolorosoti turba un qualche oracolo la mente;
se di Giove alcun cenno a te la madreveneranda recò, me tosto almeno
invìa nel campo; e al mio comando i fortiMirmidoni concedi, ond'io, se puossi,
qualche raggio di speme ai travagliaticompagni apporti. E questo ancor mi assenti,
ch'io, delle tue coperto armi le spalle,
m'appresenti al nemico, onde ingannatodalla sembianza, in me comparso ei creda
lo stesso Achille, e fugga, e l'abbattutoAcheo respiri. Nella pugna è spesso
una via di salute un sol respiro;
e noi di forze intégri agevolmentericaccerem la stanca oste alle mura
dalle navi respinta e dalle tende.
Così l'eroe pregò. Folle! ché morteperorava a se stesso e reo destino.
E a lui gemendo di corruccio Achille:
Che dicesti, o Patròclo? In questo pettoterror d'udite profezie non passa,
né di Giove alcun cenno a me la divamadre recò. Ma il cor mi rode acerba
doglia in pensando che rapirmi il mioun mio pari s'ardisce, e del concesso
premio spogliarmi prepotente. È questo,
questo il tormento, il dispetto, la rabbiaonde l'alma è angosciata. Una donzella
di valor ricompensa, a me presceltada tutto il campo, e da me pria coll'asta
conquistata per mezzo alla ruinadi munita città, questa alle mie
mani ha ritolta l'orgoglioso Atride,
come a vil vagabondo. Ma le andatecose sien poste nell'obblìo; ché l'ira
viver non debbe eterna. Io certo aveafatto un severo nel mio cor decreto
di non porla, se prima non giugnessealle mie navi de' pugnanti il grido
e la pugna. Ma tu le mie ti vestiarmi temute, e alla battaglia guida
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Giove Achille Achille Patròclo Giove Atride
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