e dalle piaghe degli Achei vendettadell'onor mio prendesti. Or tu pur questa
fïata, o padre, le mie preci adempi.
Io qui fermo mi resto appo le navi;
ma in mia vece alla pugna ecco spediscocon molti prodi il mio diletto amico.
Deh vittoria gl'invìa, tonante Iddio,
l'ardir gli afforza in petto, onde s'avveggaEttore se pugnar sappia pur solo
il mio compagno, o allor soltanto invittala sua destra infierir, quando al tremendo
lavor di Marte lo conduce Achille.
Ma dalle navi achee lungi rimossol'ostil furore, a me deh tosto il torna
con tutte l'armi e co' suoi forti illeso.
Sì disse orando, e il sapiente Giove
parte del prego udì, parte ne sperse.
Udì che dalle navi alfin respintafosse la pugna, e non udì che salvo
dalla pugna tornasse il caro amico.
Libato a Giove e supplicato, Achille
rïentrò, rinserrò nell'arca il sacronappo: e di nuovo della tenda uscito
ritto all'ingresso si fermò bramosodi mirar de' Troiani e degli Achei
la terribile mischia. E questi al cennodell'ardito Patròclo in ordinati
squadroni, e tutti di gran cor precintigià piombano su i Teucri, e si dispiccano
come rabide vespe, entro i lor nidilungo la strada stimolate all'ira
da procaci fanciulli, a cui dilettatravagliarle incessanti a loro usanza.
Stolti! ché a sé fan danno ed all'ignaropasseggiero innocente. Le sdegnose
che ne' piccioli petti han grande il core,
sbucano in frotta, e alla difesa volanode' cari parti. Coll'ardir di queste
si versâr dalle navi i Mirmidóni.
N'era immenso il fracasso, e di Menèzio
confortandoli il figlio alto gridava:
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Achei Iddio Marte Achille Giove Giove Achille Troiani Achei Patròclo Teucri Mirmidóni Menèzio
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