e il figliuol di Damàstore Tlepòlemo,
l'Argèade Polimèlo ed Echio e Piro
e con Evippo Ifèo tutti in un mucchiorovesciò, rassegnò morti alla terra.
Ma Sarpedonte visto de' compagniper le man di Patròclo un tale e tanto
scempio, i suoi Licii rincorando, e insiemerampognando, Oh vergogna! o Licii, ei grida,
dove, o Licii, fuggite? Ah per gli Deirivolate alla pugna! Io di costui
corro allo scontro, per saper chi siaquesto fiero campion che vi diserta,
che sì nuoce ai Troiani, e già di moltiforti disciolse le ginocchia. - Disse,
e via d'un salto a terra in tutto puntosi lanciò dalla biga. Ed a rincontro
come Patroclo il vide, ei pur nell'armisi spiccò dalla sua. Qual due grifagni
ben unghiati avoltoi forte stridendosovra un erto dirupo si rabbuffano,
tal vennero quei due gridando a zuffa.
Li vide, e tocco di pietade il figliodell'astuto Saturno, in questi detti
a Giunon si rivolse: Ohimè, dilettasorella e sposa! Sarpedon, ch'io m'aggio
de' mortali il più caro, è sacro a mortepel ferro di Patròclo. Irresoluta
fra due pensieri la mia mente ondeggia,
se vivo il debba liberar da questolagrimoso conflitto, e a' suoi tornarlo
nell'opulenta Licia; o consentireche qui lo domi la tessalic'asta.
E a lui grave i divini occhi girandol'alma Giuno così: Che parli, o Giove?
che pretendi? Un mortale, un destinatoda gran tempo alla Parca, or della negra
diva ritorlo alla ragion? Fa pure,
fa pur tuo senno: ma degli altri Eterni
non isperar l'assenso. Anzi ti aggiungo,
e tu poni nel cor le mie parole:
se vivo e salvo alle paterne case
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Damàstore Tlepòlemo Argèade Polimèlo Echio Piro Evippo Ifèo Sarpedonte Patròclo Licii Licii Licii Troiani Patroclo Saturno Ohimè Patròclo Licia Giuno Giove Parca Eterni
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