errò dell'asta Sarpedonte il tiro,
che via sovresso l'omero sinistrodi Patroclo trascorse e non l'offese.
Gli fe' risposta il Tessalo, né vanoil suo telo volò, ché dove è cinto
da' suoi ripari il cor gli aperse il petto.
Qual rovina una quercia o pioppo o pinocui sul monte tagliò con affilata
bipenne il fabbro a nautico bisogno,
tal Sarpedonte rovinò. Giaceasteso innanzi alla biga, e colle mani
ghermìa la polve del suo sangue rossa,
e fremendo gemea pari a superbotauro, onor dell'armento e d'aureo pelo,
che da lïon, che il giunge alla sprovvista,
sbranato cade, e sotto la mascelladel vincitore mugolando spira.
Tale del licio condottier prostratodal tessalico ferro in sul morire
era il gemito e l'ira. E Glauco il suodolce amico per nome a sé chiamato,
Caro Glauco, gli disse, or t'è mestieribuon guerriero mostrarti, e oprar le mani
audacemente. Tu dell'aspra pugnase magnanimo sei, l'incarco assumi:
corri, vola, e de' Licii i capitanialla difesa del mio corpo accendi.
Difendilo tu stesso, e per l'amicocombatti: infamia ti deriva eterna
se me dell'armi mie spoglia il nemico,
me pel certame delle navi ucciso;
tien saldo adunque e pugna, e di coraggiotutte infiamma le squadre. - In questo dire
le narici affilò, travolse i lumi,
e la morte il coprì. Col piede il pettocalcògli il vincitor, l'asta ne trasse,
e il polmon la seguìa, sì che dal senoil ferro a un tempo gli fu svelto e l'alma.
A' suoi sbuffanti corridori intantoscioltisi e in atto di fuggir, lasciando
del lor signore il cocchio, i Mirmidoni
parârsi innanzi, e gli arrestâr. Ma Glauco
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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