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      dell'amico alla voce il cor compuntodi profondo dolor sospira e geme,
      ché mal può dargli la richiesta aita.
      L'impedisce la piaga al braccio infissadallo strale di Teucro allor che Glauco,
      de' suoi volando alla difesa, assalsel'alta muraglia degli Achei. Compresso
      si tenea colla manca il braccio offesol'infelice, ed orando al saettante
      nume di Delo, O re divino, ei disse,
      o che di Licia, o che di Troia or bèitua presenza le rive, odi il mio prego;
      ché dovunque tu sia puoi d'un dolentequal, lasso! mi son io, la voce udire.
      Di che grave ferita e di che dogliatrafitto io porti questo braccio il vedi;
      né il sangue ancor mi si ristagna, e taleincessante m'opprime una gravezza
      l'omero tutto, che dell'asta al pesomal reggo, e mal poss'io coll'inimico
      avventurarmi alla battaglia. Intantodi Giove il figlio Sarpedonte giace
      fortissimo guerriero, e l'abbandonaahi! pure il padre. Ma tu, Dio pietoso,
      quest'acerba mia piaga or mi risana:
      deh! placane il dolor, forza m'aggiungi,
      sì che i Licii compagni inanimando,
      io gli sproni al conflitto, e a me medesmopugnar sia dato per l'estinto amico.
      Sì disse orando, ed esaudillo il nume:
      della piaga sedò tosto il tormento,
      stagnonne il sangue, e gagliardia gli crebbe.
      Sentì del Dio la man, fe' lieto il corel'esaudito guerrier: de' Licii in prima
      a incitar corre d'ogni parte i ducialla difesa dell'estinto: move
      quindi a gran passi fra' Troiani, e chiamaPolidamante e Agènore, ed Enea
      anco ed Ettorre, e in rapide parolelor fattosi davanti, Ettore, ei grida,
      tu dimentichi i prodi che per te


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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