- E dettequeste cose, s'avanza, e l'altro il segue.
Quale è il romor che fanno i legnaiuoliin montana foresta, e lunge il suono
va gli orecchi a ferir, tale il rimbomboper la vasta pianura si solleva
di celate, di scudi e di loriche,
altre di duro cuoio, altre di ferro,
ripercosse dall'aste e dalle spade:
ned occhio il più scernente affiguratoavrìa l'illustre Sarpedon: tant'era
negli strali, nel sangue e nella polvesepolto tutto dalla fronte al piede.
Senza mai requie al freddo corpo intornofacean tutti baruffa: e quale è il zonzo
con che soglion le mosche a primaveraassalir susurrando entro il presepe
i vasi pastorali, allor che pienisgorgan di latte; di costor tal era
la giravolta intorno a quell'estinto.
Fissi intanto tenea nell'aspra pugnaGiove gli sguardi lampeggianti, e seco
sul fato di Patròclo omai maturoseveramente nell'eterno senno
consultando venìa, se il grande Ettorre
là sul giacente Sarpedon l'uccida,
e dell'armi lo spogli; o se precedaal suo morire di molt'altri il fato.
E questo parve lo miglior pensiero,
che del Pelìde Achille il bellicososcudier ricacci col lor duce i Teucri
alla cittade, e molte vite estingua.
Però d'Ettore al cor tale egli miseuna vil tema, che montato il cocchio
ratto in fuga si volse, ed alla fugai Troiani esortò, chiaro scorgendo
inclinarsi di Giove a suo perigliole fatali bilance. Allor piè fermo
neppur de' Licii lo squadron non tenne,
ma tutti si fuggîr visto il trafittore lor giacente sotto monte orrendo
di cadaveri: tante su lui cadderoanime forti quando della pugna
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Sarpedon Patròclo Ettorre Sarpedon Pelìde Achille Teucri Ettore Giove Licii
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