correr la forza e l'ardimento. Quindiall'amico drizzò queste parole:
Alcimedonte, non tener lontanidal mio fianco i destrier: fa ch'io ne senta
l'anelito alle spalle. Al suo furoreEttore modo non porrà, mi penso,
se pria d'Achille in suo poter non mettei chiomati destrier, noi due trafitti,
e sbaragliate degli Achei le file;
o se tra' primi ei pur freddo non cade.
Agli Aiaci, ciò detto, e a Menelao
ei grida: Aiaci, Menelao, lasciateai più prodi del morto la difesa,
e il rintuzzar gli ostili assalti; e voiqua correte a salvar noi vivi ancora.
I due più forti eroi troiani, Ettorre
ed Enea, furibondi a lagrimosapugna vêr noi discendono. L'evento
su le ginocchia degli Dei s'asside.
Sia qual vuolsi, farò di lancia un colpoio pur: del resto avrà Giove il pensiero.
Sì dicendo, e la lunga asta vibrando,
ferì d'Arèto nel rotondo scudo,
cui tutto trapassò speditamentele ferrea punta, e traforato il cinto,
l'imo ventre gli aperse. A quella guisache robusto garzon, levata in alto
la tagliente bipenne, fra le cornadi bue selvaggio la dechina, e tutto
tronco il nervo, la belva morta cade:
tal, dato un salto, supin cadde Arèto,
e tra le rotte viscere l'acutaasta tremando gli rapì la vita.
Fe' contra Automedonte Ettore allorala sua lancia volar; ma visto il colpo,
quegli curvossi, e la schivò. Gli rasele terga il telo, e al suol piantossi; il fusto
tremonne, e quivi ogn'impeto consunto,
la valid'asta s'acchetò. Qui trattele fiere spade a più serrato assalto
i due prodi venìan, se quegli ardentispirti repente non spartìan gli Aiaci
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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