d'Automedonte accorsi alla chiamata.
Venir li vide fra la turba Ettorre,
e con Cròmio di nuovo e con Enea
paventoso arretrossi, il laceratogiacente Arèto abbandonando. Corse
sull'esangue il veloce Automedonte,
dispogliollo dell'armi, e glorïandogridò: Non vale costui certo il figlio
di Menèzio; ma pur del morto eroequesto ucciso mi tempra alquanto il lutto.
Sì dicendo, gittò le sanguinosespoglie sul carro, e tutto sangue ei pure
mani e piè, vi salìa pari a lïoneche, divorato un toro, si rinselva.
Affannosa, arrabbiata e lagrimosasovra la salma di Patròclo intanto
si rinforza la pugna, e la raccendePalla Minerva, ad animar gli Achivi
dall'Olimpo discesa; e la spedìacangiato di pensiero il suo gran padre.
Come quando dal ciel Giove ai mortalidell'Iride dispiega il porporino
arco, di guerra indizio o di tempesta,
che tosto de' villani alla campagnarompe i lavori, e gli animai contrista:
tal di purpureo nembo avviluppatainsinuossi fra gli Achei la Diva
eccitando ogni cor. Prima il vicinominore Atride a confortar si diede,
e la voce sonora e la sembianzadi Fenice prendendo, così disse:
Se sotto Troia sbraneranno i canidell'illustre Pelìde il fido amico,
tua per certo fia l'onta, o Menelao,
e tuo lo scorno. Orsù tien forte, e tuttia ben le mani oprar sprona gli Achei.
Veglio padre Fenice, gli risposel'egregio Atride, a Pallade piacesse
darmi forza novella, e dagli stralipreservarmi; e farei per la tutela
di Patroclo ogni prova. Il cor mi toccala sua caduta: ma l'ardente orrenda
forza d'Ettor n'è contra; ei dalla strage
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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