Di Panto era costuiprudente figlio, e de' Troiani il solo
che le passate e le future coseal guardo avea presenti. Egli d'Ettorre
era compagno, e una medesma notteli produsse ambedue, l'un di parole,
l'altro d'asta valente. Ei dunque in mezzocon saggio avviso così tolse a dire:
Librate, amici, la bisogna; ir dentroalla cittade, e tosto, è mio consiglio,
senz'aspettar davanti a queste navil'alma luce del dì. Troppo siam lungi
qui dalle mura. Finché l'ira in pettoarse a questo guerrier contra l'Atride,
più lieve er'anco il debellar gli Achivi,
ed io pure vegliar godea le nottipresso le navi, nella dolce speme
d'occuparle. Or tremar fammi il Pelìde.
L'ardor che il mena non vorrà ristrettocontenersi nel campo ove l'acheo
col troiano valore in generoseprove la gloria marzïal divise:
ma per Ilio a pugnar e per le mogline sforzerà. Nella cittade adunque
ripariamo, e si segua il mio sentire,
ché le cose avverran com'io v'assenno.
L'alma notte or sopito in dolce calmatien d'Achille il furor: ma se dimani
all'assalto prorompe, e qui ne trova,
certo talun conoscerallo, e quantidar potranno le spalle, e dentro il sacro
Ilio camparsi, si terran beati;
ma pria ben molti rimarran pasturadi voraci avoltoi. Deh ch'io non oda
sì rio caso giammai! Se al mio ricordo,
benché non grato, obbedirem, la nottespenderem ne' rinforzi e ne' consigli.
E le torri e le porte e i contraffortide' ben commessi tavolati intanto
faran sicura la città. Poi tuttid'arme orrendi domani al nuovo Sole
starem su i merli. E s'ei lasciato il lido
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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