troncheronne davanti alla tua pira.
Giaci intanto cosė, caro compagno,
qui presso alle mie navi; e le troianee le dardanie ancelle il largo seno
tutte discinte intorno al tuo ferčtronotte e dė faran pianto, e ploreranno.
Esse ne fur comun fatica e predaquando noi colla forza e colle lunghe
aste domando le nemiche gentil'opime n'atterrammo ampie cittadi.
Ciō detto, comandō l'almo Pelėde
che dai compagni al fuoco si ponessesul tripode un gran vaso, onde veloci
di Pātroclo lavar la sanguinosatabe. E quelli sul fuoco in un baleno
atto ai lavacri collocaro un bronzo,
e v'infusero l'onda, e di stecchitirami di sotto alimentâr la fiamma.
Abbracciavan le vampe mormorandodel vaso il ventre, e rotto in sottil fumo
scaldavasi l'umor. Poiché nel cavorame la linfa al suo bollor pervenne,
diersi il corpo a lavar: l'unser di pinguefelice oliva, e le ferite empiero
di balsamo novenne. Indi al funčbreletto renduto, dalla fronte al piede
in sottil lino avvolserlo, e supernoun bianco panno vi spiegâr. Ciō fatto,
tornaro ai pianti, e intorno al mesto Achille
tutta in lamenti consumâr la notte.
Giove in questo alla sua moglie e sorellasi volse e disse: Veneranda Giuno,
ecco pieni alla fine i tuoi desiri;
ecco all'armi tornato il grande Achille.
Di te nacque, cred'io, (cotanto l'ami)
l'argiva gente. - E Giuno a lui: Che parli,
tremendo figlio di Saturno? All'uomopovero d'alma e di consigli č dato
il dannaggio tramar del suo simile;
ed io che incedo degli Dei reina,
perché saturnia prole e perché sposason dell'alto de' numi imperadore,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Pelėde Pātroclo Achille Veneranda Giuno Achille Giuno Saturno
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