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ne guasti sì che tutta imputridisca.
Pensier di questo non ti prenda, o figlio,
gli rispose la Dea: l'infesto sciamedivoratore de' guerrieri uccisi
io ne terrò lontano. Ov'anco ei giacciaintero un anno, farò sì che il corpo
incorrotto ne resti, e ancor più bello.
Or tu raccogli in assemblea gli Achivi,
e, placato all'Atride, àrmati rattoper la battaglia, e di valor ti cingi.
Disse, e spirto audacissimo gl'infuse.
Indi ambrosia all'estinto, e rubicondonèttare, a farlo d'ogni tabe illeso,
nelle nari stillò. Lunghesso il lidol'orrenda voce intanto alza il Pelìde;
né soli i prenci achei, ma tutte accorronole sparse schiere per le navi, e quanti
di navi han cura, remator, pilotie vivandieri e dispensier, van tutti
a parlamento, di veder bramosidopo un lungo cessar l'apparso Achille.
Barcollanti v'andaro anche i due prodiDïomede ed Ulisse, per le gravi
piaghe all'asta appoggiati, e ne' primieriseggi adagiârsi. Ultimo giunse il sommo
Atride, in forte mischia ei pur dal telodi Coon Antenòride ferito.
Tutti adunati, Achille surse e disse:
Atride, a te del par che a me sarìameglio tornato che tra noi non fusse
mai surta la fatal lite che il coresì ne róse a cagion d'una fanciulla.
Dovea Dïana saettarla il giornoch'io saccheggiai Lirnesso, e mia la feci,
ché tanti non avrìan trafitti Achivi,
mentre l'ira io covai, morso il terreno.
Ettore e i Teucri ne gioîr, ma lungarimarrà tra gli Achei, credo, ed amara
de' nostri piati la memoria. Or copraobblìo le andate cose, e il cor nel petto
necessità ne domi. Io qui depongo
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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