Giunti del grande adunator de' nembialle stanze, si assisero su tersi
troni che a Giove con solerte curaVulcano fabbricò. Prese ciascuno
cheto il suo posto; ma dal mar venutoobbedïente ei pure il re Nettunno,
tra i maggiori sedendosi, la mentedi Giove interrogò con questi accenti:
Perché di nuovo, fulminante Iddio,
chiami i numi a consiglio? Alfin decisade' Troiani vuoi forse e degli Achei
pronti a zuffa mortal l'ultima sorte?
Ben vedesti, o Nettunno, il mio pensiero,
Giove rispose; del chiamarvi è questala cagion: benché presso al fato estremo
e gli uni e gli altri in cor mi stanno. Assisosu le cime d'Olimpo io qui mi resto
l'ire mortali a contemplar tranquillo.
Voi sul campo scendete, e a cui v'aggradade' Teucri e degli Achei recate aita.
Se pugna Achille ei sol, nol sosterrannonè pur tampoco i Teucri, essi che ieri
solo al vederlo ne tremaro. Ed oggi,
che d'ira egli arde per l'amico, io temonon anzi il dì fatal Troia rovini.
Disse, e di guerra un fier desire accesede' Celesti nel cor, che in due divisi
nel campo si calâr: verso le naviGiuno e Palla Minerva e coll'accorto
util Mercurio s'avvïò Nettunno.
Li seguìa zoppicando, e truci intornogli occhi volgendo di sua forza altero
Vulcano, ed il sottil stinco di sottogli barcollava. Alla troiana parte
n'andâr dell'elmo il crollator Gradivo,
l'intonso Febo colla madre e l'almacacciatrice sorella e Xanto e Venere
Dea del riso. Finché dalle mortaliturbe i numi fur lungi, orgoglio e festa
menavano gli Achei, perché comparsodopo lungo riposo era il Pelìde,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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