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      Forsemeco agogni pugnar perché su i Teucri
      di Prìamo speri un dì stender lo scettro?
      Ma s'egli avvegna ancor che tu m'uccida,
      ei non porrallo alle tue mani, ei padredi più figli, e d'età sano e di mente:
      o forse i Teucri, se mi metti a morte,
      un eletto poder bello di vititi statuiro e di fecondi solchi?
      Ma dura impresa t'assumesti, io spero;
      ch'altra volta, mi par, ti pose in fugaquesta mia lancia. Non rammenti il giorno
      che soletto ti colsi, e con velocecorso dall'Ida ti cacciai lontano
      dalle tue mandre? Tu volavi, e, mainon volgendo la fronte, entro Lirnesso
      ti riparasti. Col favore io poidi Giove e Palla la città distrussi,
      e ne predai le donne, e tolta lorola cara libertà, meco le trassi.
      Gli Dei quel giorno ti scampâr; non oggilo faranno, cred'io, come t'avvisi.
      Va, ritìrati adunque, io te n'assenno,
      rientra in turba, né mi star di fronte,
      se il tuo peggio non vuoi, ché dopo il fattoanche lo stolto dell'error si pente.
      Me co' detti atterrir come fanciulloindarno tenti, Enea rispose; anch'io
      so dir minacce ed onte, e l'un dell'altroi natali sappiamo, e per udita
      i genitori; ché né tu conosciper vista i miei, ned io li tuoi. Te prole
      dell'egregio Pelèo dice la fama,
      e della bella equòrea Teti. Io natodi Venere mi vanto, e generommi
      il magnanimo Anchise. Oggi per certoo gli uni o gli altri piangeranno il figlio.
      Ché veruno di noi di pueriliciance contento non vorrà, cred'io,
      separarsi ed uscir di questo arringo.
      Ma se più brami di mia stirpe udireal mondo chiara, primamente Giove
      Dàrdano generò, che fondamento


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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