cuna sortisti alla gigèa paludene' paterni poderi appo il pescoso
Illo e dell'Ermo il vorticoso flutto.
Così l'oltraggia; della morte il buiocoprì gli occhi al meschino, e de' cavalli
l'ugna e li chiovi delle rote acheeil lasciâr nella calca infranto e pesto.
Ferì dopo costui Demoleonte,
d'Antènore figliuolo e valorosocombattitore; lo ferì sul polso
della tempia, né valse alla difesala ferrea guancia del polito elmetto.
L'impetuosa punta spezzò l'osso,
sgominò le cervella, che di sanguetutte insozzârsi, e così giacque il fiero.
Gittatosi dal carro, Ippodamante
dinanzi gli fuggìa. L'asta d'Achille
lo raggiunse nel tergo. L'infeliceesalava lo spirto, e mugolava
come tauro che a forza innanzi all'ared'Elice è tratto da garzon robusti,
e ne gode Nettunno: a questa guisamuggìa quell'alma feroce, e spirava.
S'avventò dopo questi a Polidoro.
Era costui di Prìamo un figlio: il padregli avea difeso di pugnar, siccome
il minor de' suoi nati e il più diletto,
che tutti al corso li vincea. Di questasua virtute di piè con fanciullesca
demenza vanitoso egli tra' primicombattenti correa senza consiglio,
finché morto vi cadde. Il colse a tergoin quei trascorsi Achille ove la cinta
dall'auree fibbie s'annodava, e doppioscontravasi l'usbergo. Il telo acuto
rïuscì di rimpetto all'ombilico:
ululò quel trafitto, e su i ginocchicascò: curvato colla man compresse
le intestina, e mortal nube lo cinse.
Come in quell'atto miserando il videil suo germano Ettorre, una profonda
nube di duolo gl'ingombrò le luci,
né gli sofferse il cor di più ristarsi
| |
Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
|
|
Ermo Demoleonte Antènore Ippodamante Achille Elice Nettunno Polidoro Prìamo Achille Ettorre
|