fia che ne mandi alle mie mani Iddio,
nessun da morte scamperà, nessunode' Teucri, e meno del tuo padre i figli.
Muori dunque tu pur. Perché sì piangi?
Morì Patròclo che miglior ben era.
E me bello qual vedi e valorosoe di gran padre nato e di una Diva,
me pur la morte ad ogni istante aspetta,
e di lancia o di strale un qualchedunoanche ad Achille rapirà la vita.
Sentì mancarsi le ginocchia e il corea quel dir l'infelice, e abbandonata
l'asta, accosciossi coll'aperte braccia.
Strinse Achille la spada, e alla giunturalo percosse del collo. Addentro tutto
gli si nascose l'affilato acciaro,
e boccon egli cadde in sul terrenosteso in lago di sangue. Allor d'un piede
presolo Achille, lo gittò nell'onda,
e con acerbo insulto, Or qui ti giaci,
disse, tra' pesci che di tua feritail negro sangue lambiran securi.
Né te la madre sul funereo lettopiangerà, ma del mar nell'ampio seno
ti trarrà lo Scamandro impetuoso,
e là qualcuno del guizzante armentoti salterà dintorno, e sotto l'atre
crespe dell'onda l'adipose polpedi Licaon si roderà. Possiate
così tutti perir finché del sacroIlio sia nostra la città, voi sempre
fuggendo, e io sempre colle stragi al tergo.
Né gioveranvi i vortici di questoargenteo fiume a cui di molti tori
fate sovente sacrificio, e vivigettar solete i corridor nell'onda.
Né per questo sarà che non vi tocchidi rio fato perir, finché la morte
di Patroclo sia sconta e in un la strageche, me lontano, degli Achei faceste.
Dagl'imi gorghi udì Xanto d'Achille
le superbe parole, e d'alto sdegnofremendo, divisava in suo pensiero
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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