Conturbato nell'alma egli non cessad'espedirsi e saltar verso la riva,
ma con rapide ruote il fiero fiumesottentrato gli snerva le ginocchia,
e di costa aggirandolo, gli rubadi sotto ai piedi la fuggente arena.
Levò lo sguardo al cielo il generoso,
ed urlò: Giove padre, adunque nullode' numi aita l'infelice Achille
contro quest'onda! Ah ch'io la fugga, e poicontento patirò qualsia sventura.
Ma nullo ha colpa de' Celesti mecoquanto la madre mia che di menzogne
mi lattò, profetando che di Troia
sotto le mura perirei trafittodagli strali d'Apollo! Oh foss'io morto
sotto i colpi d'Ettorre, il più gagliardoche qui si crebbe! Avrìa rapito un forte
d'un altro forte almen l'armi e la vita.
Or vuole il Fato che sommerso io perad'oscura morte, ohimè! come fanciullo
di mandre guardian cui ne' piovositempi il torrente, nel guardarlo, affoga.
Accorsero veloci al suo lamento,
e appressârsi all'eroe Palla e Nettunno
in sembianza mortal: lo confortaro,
il presero per mano, e della terrasì disse il grande scotitor: Pelìde,
non trepidar: qui siamo in tua difesadue gran Divi, Minerva ed io Nettunno,
né Giove il vieta, né dal Fato è fissoche ti conquida un fiume; e tu di questo
vedrai tra poco abbonacciarsi il flutto.
Un saggio avviso porgeremti intanto,
se obbedirne vorrai. Dalla battaglianon ti ristar se pria dentro le mura
dell'alta Troia non rinserri i Teucri
quanti potranno dalla man fuggirti,
né alle navi tornar che spento Ettorre:
noi ti daremo di sua morte il vanto.
Disparvero, ciò detto, e ai congiuratiNumi tornâr. Riconfortato Achille
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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