dal celeste comando, in mezzo al campoprecipitossi. Il campo era già tutto
una vasta palude in cui dispersede' trafitti nuotavano le belle
armature e le salme. Alto al Pelìde
saltavano i ginocchi, ed ei direttola fiumana rompea, che a rattenerlo
più non bastava: perocché Minerva
gli avea nel petto una gran forza infuso.
Né rallentò per questo lo Scamandro
gl'impeti suoi, ma più che pria sdegnosocontro il Pelìde sollevossi in alto
arricciando le spume, e al Simoenta,
destandolo, gridò queste parole:
Caro germano, ad affrenar vien mecola costui furia, o le dardànie torri
vedrai tosto atterrate, e tolta ai Teucri
di resister la speme. Or tu deh corriveloce in mio soccorso, apri le fonti,
tutti gonfia i tuoi rivi, e con superbeonde t'innalza e tronchi aduna e sassi,
e con fracasso ruotali nel pettodi questo immane guastator che tenta
uguagliarsi agli Dei. Ben io t'affermoche né bellezza gli varrà, né forza,
né quel divin suo scudo, che di limogiacerà ricoperto in qualche gorgo
voraginoso. Ed io di negra sabbiainvolverò lui stesso, e tale un monte
di ghiaia immenso e di pattume intornogli verserò, gli ammasserò, che l'ossa
gli Achei raccorne non potran: cotantala belletta sarà che lo nasconda.
Fia questo il suo sepolcro, onde non v'abbiamestier di fossa nell'esequie sue.
Disse, ed alto insorgendo e d'atre spumeribollendo e di sangue e corpi estinti,
con tempesta piombò sopra il Pelìde.
E già la sollevata onda vermigliaoccupava l'eroe, quando temendo
che vorticoso nol rapisca il fiume,
diè Giuno un alto grido, ed a Vulcano
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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