lacerasti il mio corpo? Il tempo è giuntoche tu mi paghi dell'oltraggio il fio.
Sì dicendo, avventò l'insanguinatoMarte il gran telo, e ne ferì l'orrenda
egida, che di Giove anco resistealle saette. Si ritrasse indietro
la Diva, e ratta colla man robustaun macigno afferrò, che negro e grande
giacea nel campo dalle prische gentiposto a confine di poder. Con questo
colpì l'impetuoso iddio nel collo,
e gli sciolse le membra. Ei cadde, e stesoingombrò sette jugeri; le chiome
insozzârsi di polve, e orrendamentel'armi sul corpo gli tonâr. Sorrise
Pallade, e altera l'insultò: Demente!
che meco ardisci gareggiar, non vediquant'io t'avanzo di valor? Va, sconta
di tua madre le furie, e dal suo sdegnomaggior castigo, dell'aver tradito
pe' Teucri infidi i giusti Achei, t'aspetta.
Così detto, le lucide pupillevolse altrove. Frattanto al Dio prostrato
Venere accorse, per la mano il prese,
e lui che grave sospira, e a faticariaver può gli spirti, altrove adduce.
L'alma Giuno li vide, ed a Minerva,
Guarda, disse, di Giove invitta figlia,
guarda quella impudente: ella di nuovofuor dell'aspro conflitto via ne mena
quell'omicida. Ah vola, e su lor piomba.
Volò Minerva, e gl'inseguì. Di gioiail cor balzava, e fattasi lor sopra,
colla terribil mano a Citerea
tal diè un tocco nel petto, che la stese:
giaceano entrambi riversati, e alterasu lor Minerva glorïossi, e disse:
Fosser tutti così questi di Troia
proteggitori a disfidar venutii loricati Achei! Fossero tutti
di fermezza e d'ardir pari a Ciprigna
di Marte aiutatrice e mia rivale!
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Giove Diva Demente Teucri Achei Dio Giuno Minerva Giove Minerva Citerea Minerva Troia Achei Ciprigna Marte
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