gli sparsi per la polve archi e quadrelliraccogliea della figlia, e la seguìa,
ché all'Olimpo salita entro l'eternestanze di Giove avea già messo il piede.
Su i paterni ginocchi lagrimandola vergine s'assise, e le tremava
l'ambrosio manto sul bel corpo. Il padrela si raccolse al petto, e con un dolce
sorriso dimandò: Chi de' Celesti
temerario t'offese, o mia diletta,
come colta in error? - La tua consorte,
Cinzia rispose, mi percosse, o padre,
Giunon che sparge fra gli Dei le risse.
Mentre in cielo seguìan queste parole,
Febo entrava nel sacro Ilio a difesadell'alto muro, perocché temea
nol prendesse in quel dì pria del destinodegli Achivi il valor. Ma gli altri Eterni
all'Olimpo tornaro, irati i vinti,
festosi i vincitori, e ognun dintornoal procelloso genitor s'assise.
Il Pelìde struggea pel campo intantoi Troiani, e stendea confusamente
cavalli e cavalier. Come fra densiglobi di fumo che si volve al cielo
un gran fuoco, in cui soffia ira divina,
una cittade incende, e a tutti arrecatravaglio e a molti esizio; a questa immago
dava Achille ai Troiani angoscia e morte.
Stava sull'alto d'una torre il veglioPrìamo, e visti fuggir senza ritegno,
senza far più difesa, i Troi davantial gigante guerrier, mise uno strido,
e calò dalla torre, onde ai custodidegli ingressi lasciar lungo le mura
questi avvisi: Alle man tenete, o prodi,
spalancate le porte insin che tuttinella città sien salvi i fuggitivi
dal diro Achille sbaragliati. Ahi giuntoforse è l'ultimo danno! Come dentro
siensi messe le schiere, e ognun respiri,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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