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      e sempre lo delude. Intanto a tormespaventati si versano i Troiani
      dentro le porte. In un momento tuttadi lor fu piena la città, ché nullo
      rimanersene fuori non sostenne,
      né il compagno aspettar, né dei campatidimandar, né de' morti. Ognun che snelle
      a salvarsi ha le piante, alla rinfusadentro si getta, e dal terror respira.
     
     
      LIBRO VENTESIMOSECONDO
     
     
      Così, quai cervi paurosi, i Teucri
      nella città fuggìan confusamente,
      e davano appoggiati agli alti merlial sudor refrigerio ed alla sete,
      mentre gli Achei con inclinati scudisi fan sotto alle mura. Ma la Parca
      dinanzi ad Ilio su le porte Scee
      rattenne immoto, come astretto in ceppi,
      lo sventurato Ettòr. Fece ad Achille
      l'arciero Apollo allor queste parole:
      Perché mortale un Immortal persegui,
      o figlio di Pelèo? Non anco avvisi,
      cieco furente, che un Celeste io sono?
      Dei fugati Troiani e nel riparod'Ilio già chiusi ogni pensier ponesti,
      e qua svïasti il tuo furor. Che speri?
      uccidermi? Son nume. - E nume infesto,
      e di tutti il peggior (rispose accesodi grand'ira il Pelìde). A questa parte
      m'hai devïato dalle mura, e toltoche molti, prima d'arrivar là dentro,
      mordessero la polve. Ah mi rapistiun gran vanto, e quei vili in salvo hai messo
      perché non temi la vendetta mia;
      ma la farei ben io, se la potessi.
      Tacque, e drizzossi alla città volgendoterribili pensieri, e il piè movea
      rapido come vincitor de' ludianimoso destrier che per l'arena
      fa le ruote volar. Primo lo videprecipitoso correre pel campo
      Prìamo, e da lungi folgorar, siccomel'astro che cane d'Orïon s'appella,


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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