a' tuoi. Tu giura in mio favor lo stesso.
Non parlarmi d'accordi, abbominatonemico, ripigliò torvo il Pelìde:
nessun patto fra l'uomo ed il lïone,
nessuna pace tra l'eterna guerradell'agnello e del lupo, e tra noi due
né giuramento né amistà nessuna,
finché l'uno di noi steso col sanguel'invitto Marte non satolli. Or bada,
ché n'hai mestiero, a richiamar la tuttatua prodezza, e a lanciar dritta la punta.
Ogni scampo è preciso, e già Minerva
per l'asta mia ti doma. Ecco il momentoche dei morti da te miei cari amici
tutte ad un tempo sconterai le pene.
Disse, e forte avventò la bilanciatalunga lancia. Antivide Ettorre il tiro,
e piegato il ginocchio e la persona,
lo schivò. Sorvolando il ferreo telosi confisse nel suol, ma ne lo svelse
invisibile ad Ettore Minerva,
e tornollo al Pelìde. - Errasti il colpo,
gridò l'eroe troian, né Giove ancora,
come dianzi cianciasti, il mio destinoti fe' palese. Dëiforme sei,
ma cinguettiero, ché con vani accentiatterrirmi ti speri, e nella mente
addormentarmi la virtude antica.
Ma nel dorso tu, no, non pianterail'asta ad Ettorre che diritto viene
ad assalirti, e ti presenta il petto;
piantala in questo se t'assiste un Dio.
Schiva intanto tu pur la ferrea puntadi mia lancia. Oh si possa entro il tuo corpo
seppellir tutta quanta, e della guerraai Teucri il peso allevïar, te spento,
te lor funesta principal rovina.
Disse, e l'asta di lunga ombra squassando,
la scagliò di gran forza, e del Pelìde
colpì senza fallir lo smisuratoscudo nel mezzo. Ma il divino arnese
la respinse lontan.
| |
Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
|
|
Pelìde Marte Minerva Ettorre Ettore Minerva Pelìde Giove Ettorre Dio Teucri Pelìde
|