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      alle navi nemiche. Io vo' caderesupplichevole ai piè di quell'iniquo
      violento uccisor. Chi sa che il crudoil mio crin bianco non rispetti e senta
      pietà di mia vecchiezza. Ei pure ha un padred'anni carco, Pelèo che generollo
      e de' Teucri nudrillo alla ruina,
      soprattutto alla mia, tanti uccidendogiovinetti miei figli: né mi dolgo
      sì di lor tutti, ohimè! quanto d'un solo,
      quanto d'Ettòr, di cui trarrammi in brevel'empia doglia alla tomba. Oh fosse ei morto
      tra le mie braccia almen! così la madre,
      che sventurata partorillo, e io stessosfogo avremmo di pianti e di sospiri.
      Questo ei dicea piangendo, e co' lamentifacean eco al suo pianto i cittadini.
      Dalle Tröadi intanto circondata,
      in alti lai rompea la madre: Oh figlio!
      tu se' morto, ed io vivo? io giunta al sommodelle sventure te perdendo, ahi lassa!
      te che in ogni momento eri la miagloria e il sostegno della patria tutta
      che t'accogliea qual nume. Ahi! ne saresti,
      vivo, il decoro; e ne sei, morto, il lutto.
      Seguìa questo parlar di pianto un fiume.
      Ma del fato d'Ettòr nulla per ancoAndròmaca sapea, ché nullo a lei
      del marito rimasto anzi alle porterecato avea l'avviso. Nell'interne
      regie stanze tessendo ella si stavaa doppie fila una lucente tela
      di diverso rabesco. E per suo cennoavean frattanto le leggiadre ancelle
      posto un tripode al fuoco, onde al consortepronto fosse, al tornar dalla battaglia,
      caldo un lavacro. Non sapea, demente!
      che da' lavacri assai lungi domatol'avea Minerva per la man d'Achille.
      Ma come dalla torre un suon confusod'ululi intese e di lamenti, tutte


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





Pelèo Teucri Ettòr Tröadi Ettòr Minerva Achille