le tremaro le membra, al suol le caddela spola, e volta alle donzelle, disse:
Accorrete sollecite, seguitemidue di voi tosto: vo' veder che avvenne.
Dell'onoranda suocera la vocemi percuote l'orecchio, e il cor mi balza
con sussulto nel petto, e manca il piede.
Certo, qualche gran danno, ohimè! sovrastadi Prìamo ai figli. Allontanate, o numi,
questo presagio: ma ben forte io temoche il divo Achille all'animoso Ettorre
non abbia del salvarsi entro le muragià tagliata la strada, ed or pel campo
lo m'insegua da tutti abbandonato;
e la bravura esizïal non domiche il possedea: restarsi egli non seppe
mai nella folla, e sempre oltre si spinse,
a nessun prode di valor secondo.
Così dicendo, della reggia uscìoqual forsennata, e le tremava il core.
La seguivan le ancelle; e fra le turbegiunta alla torre, s'arrestò, girando
lo sguardo intorno dalle mura. Il vide,
il riconobbe da corsier velocistrascinato davanti alla cittade
verso le navi indegnamente. Oscuranotte i rai le coperse, ed ella cadde
all'indietro svenuta. Si scomposeroi leggiadri del capo adornamenti
e nastri e bende e l'intrecciata mitrae la rete ed il vel che dielle in dono
l'aurea Venere il dì che dalle cased'Eezïòne Ettòr la si condusse
di molti doni nuzïali ornata.
Affollârsi pietose a lei dintornole cognate che smorta tra le braccia
reggean l'afflitta di morir bramosaper immenso dolor. Come in se stessa
alfin rivenne, e l'alma al cor s'accolse,
fe' degli occhi due fonti, e così disse:
Oh me deserta! oh sposo mio! noi dunquenascemmo entrambi col medesmo fato,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Prìamo Achille Ettorre Venere Eezïòne Ettòr
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