della ruota volubile toccarla;
ma vedi, ve', che non la tocchi, infranton'andrebbe il carro, offesi i corridori,
e tu deriso e di disnor coperto.
Sii dunque saggio e cauto. Ove la metatrascorrer netto ti rïesca, alcuno
non fia che poi t'aggiunga o ti trapassi,
no, s'anco a tergo ti venisse a voloquel d'Adrasto corsier nato d'un Dio,
il veloce Arïone, o quei famosiche qui Laomedonte un dì nudrìa.
Divisate al figliuol distintamentequeste avvertenze, si raccolse il veglio
nell'erboso suo seggio. Ultimo intantocon bella coppia di corsier superbi
Merïon nella lizza era venuto.
Montati i carri, si gittâr le sorti.
Agitolle il Pelìde, e uscì primieroAntìloco; indi Eumelo, indi l'Atride,
fu quarto Merïon, quinto il fortissimoDïomede. Locârsi in ordinanza
tutti, ed Achille mostrò lor lontananel pian la meta a cui giudice avea
posto del padre lo scudier Fenice
venerando vegliardo, onde notassele corse attento, e riferisse il vero.
Stavano tutti colle sferze alzatesu gli ardenti destrieri, e dato il segno,
lentâr tutti le briglie, e co' flagellie co' gridi animaro i generosi
corsier che ratti si lanciâr nel campo,
e dal lido spariro in un baleno.
Sorge sotto i lor petti alta la polveche di nugolo a guisa o di procella
si condensa, ed al vento abbandonatesvolazzano le giubbe. Or vedi i cocchi
rader bassi la terra, ed or sublimibalzarsi, né perciò perde mai piede
degli aurighi veruno, e batte a tuttiper desiderio della palma il core;
e in un nembo di polve ognun dà spirtoa' suoi volanti alipedi. Varcata
la meta, e preso il rimanente corso
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Adrasto Dio Arïone Laomedonte Pelìde Eumelo Atride Merïon Achille Fenice
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