o d'altra offesa. Condottiero avrail'Argicida che te fino al cospetto
d'Achille scorterà. Lungi l'eroedal trucidarti, terrà gli altri a freno.
Ei non è stolto né villan né iniquo,
e benigno farassi a chi lo prega.
Disse, e sparve. Riscosso il re dolente,
senza punto indugiarsi, ai figli imponed'apprestargli il mular plaustro veloce,
e di legar su quello una grand'arca.
Indi salito ad un'eccelsa stanzaodorosa di cedro, ov'egli in serbo
tenea di molti preziosi arredi,
chiamò dentro la moglie Ecuba, e disse:
Infelice, m'ascolta: la celestemessaggiera recommi or or di Giove
un comando. Egli vuol che degli Achei
m'incammini alle navi, ed al Pelìde
il prezzo io porti del diletto figlio.
Che ne senti? A quel campo, a quelle tendecerto mi spinge fortemente il core.
Ululò la consorte, e gli rispose:
Misera! ahi dove ti fuggìa quel sennoche alle tue genti e alle straniere un giorno
glorïoso ti fea? Solo alle naviinimiche avvïarti? esporti solo
alla presenza di colui che tantifigli t'uccise? oh cuor di ferro! e quale,
s'ei ti scopre, se cadi in suo potere,
qual mai pietade o riverenza sperida quell'alma crudele e senza fede?
Deh piangiamlo qui soli. Era destinodalle Parche filato all'infelice,
quand'io meschina il partorii; che lungidai genitori satollar dovesse
d'un barbaro i mastini. Oh potess'iostretto tenerne fra le mani il core,
e strazïarlo, divorarlo! Alloradel mio figlio sarìa sconta l'offesa,
ch'ei da codardo non morì, ma in campoper la patria pugnando, e fermo il piede,
senza smarrirsi o declinar la fronte.
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Argicida Achille Ecuba Giove Achei Pelìde Parche
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