del regale suo cocchio i corridori,
cui Prìamo stesso governar soleane' nitidi presepi: ed or gli accoppia
ei medesmo alla biga il mesto vegliosotto i portici eccelsi, esso e il suo fido
araldo, entrambi pensierosi e muti.
Féssi allor la dolente Ecuba incontroal re marito, nella man tenendo
di soave licore un aureo nappo,
onde ai numi libasse anzi il partire.
Stette avanti ai corsieri, e, Tien, gli disse,
liba a Giove, e lo prega che ti vogliadai nemici tornar salvo al tuo tetto,
poiché, malgrado il mio dissenso, hai fermala tua partenza. Or tu la supplicante
voce innalza all'idèo Giove nemboso,
che d'alto guarda la cittade, e chiediche messaggier ti mandi alla diritta
quel fortissimo suo veloce augellosovra tutti a lui caro, onde tal vista
il tuo vïaggio affidi al campo acheo.
Se il Dio ricusa d'invïarti questosuo propizio messaggio, io ti scongiuro
di non rischiar tuoi passi a quelle navi,
e di dar bando al fier desìo che porti.
Facciasi, o donna, il tuo voler, risposeil nobile vegliardo: ai numi è buono
alzar le palme ed implorar mercede.
Disse; e all'ancella dispensiera imposedi versargli una pura onda alle mani;
e l'ancella appressossi, e colla mancasostenendo il bacin, versò coll'altra
da tersa idria l'umor. Lavato ei presel'offerta coppa, e ritto in piè nel mezzo
dell'atrio, in atto supplicante alzatigli occhi al cielo, libò con questi accenti:
Giove massimo Iddio, che glorïosodall'Ida imperi, fa che grato io giunga
ad Achille, e pietà di me gl'ispira.
Mandami a dritta il tuo veloce e carore de' volanti, e ch'io lo vegga: e certo
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Prìamo Ecuba Tien Giove Giove Dio Iddio Ida Achille
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