Il passodrizzâr quindi d'Achille al padiglione,
che splendido e sublime i Mirmidóni
gli avean costrutto di robusto abete.
Irsuto e spesso di campestri giunchiil culmine s'estolle: ampio di pali
folto steccato lo circonda, e solauna trave la porta n'assicura,
trave immensa, abetina, che a levarsie a riporsi di tre chiedea la forza,
ed il Pelìde vi bastava ei solo.
L'aperse il nume, ed intromesso il vecchioco' recati ad Achille incliti doni,
scese d'un salto a terra, e così disse:
O Prìamo, io sono il sempiterno iddioMercurio; il padre mi spedì tua guida,
e qui ti lascio, ché il menarti io stessodel Pelìde al cospetto, e tanto innanzi
favorire un mortale, a un Immortale
disconviensi. Tu entra, ed abbracciandole sue ginocchia per la madre il prega
e pel padre e pel figlio, onde si plachi.
Sparve, ciò detto, ed all'olimpie cimerisalì. Prìamo scese, ed alla cura
de' cavalli lasciato e delle mulel'araldo, s'avvïò dritto d'Achille
alle stanze riposte. Avea di Giove
l'eroe diletto in quel medesmo puntodato fine alla cena. I suoi sergenti
in disparte sedean. Soli al guerrieroministravano in piedi Automedonte
ed Alcimo, di Marte almo rampollo.
Tolta non era ancor la mensa, e ancorasedeavi Achille. Il venerando veglio
entrò non visto da veruno, e tostofattosi innanzi, tra le man si prese
le ginocchia d'Achille, e singhiozzandola tremenda baciò destra omicida
che di tanti suoi figli orbo lo fece.
Come avvien talor se un infelicereo del sangue d'alcun del patrio suolo
fugge in altro paese, e ad un possentes'appresentando, i riguardanti ingombra
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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