Pagina (473/483)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il passodrizzâr quindi d'Achille al padiglione,
      che splendido e sublime i Mirmidóni
      gli avean costrutto di robusto abete.
      Irsuto e spesso di campestri giunchiil culmine s'estolle: ampio di pali
      folto steccato lo circonda, e solauna trave la porta n'assicura,
      trave immensa, abetina, che a levarsie a riporsi di tre chiedea la forza,
      ed il Pelìde vi bastava ei solo.
      L'aperse il nume, ed intromesso il vecchioco' recati ad Achille incliti doni,
      scese d'un salto a terra, e così disse:
      O Prìamo, io sono il sempiterno iddioMercurio; il padre mi spedì tua guida,
      e qui ti lascio, ché il menarti io stessodel Pelìde al cospetto, e tanto innanzi
      favorire un mortale, a un Immortale
      disconviensi. Tu entra, ed abbracciandole sue ginocchia per la madre il prega
      e pel padre e pel figlio, onde si plachi.
      Sparve, ciò detto, ed all'olimpie cimerisalì. Prìamo scese, ed alla cura
      de' cavalli lasciato e delle mulel'araldo, s'avvïò dritto d'Achille
      alle stanze riposte. Avea di Giove
      l'eroe diletto in quel medesmo puntodato fine alla cena. I suoi sergenti
      in disparte sedean. Soli al guerrieroministravano in piedi Automedonte
      ed Alcimo, di Marte almo rampollo.
      Tolta non era ancor la mensa, e ancorasedeavi Achille. Il venerando veglio
      entrò non visto da veruno, e tostofattosi innanzi, tra le man si prese
      le ginocchia d'Achille, e singhiozzandola tremenda baciò destra omicida
      che di tanti suoi figli orbo lo fece.
      Come avvien talor se un infelicereo del sangue d'alcun del patrio suolo
      fugge in altro paese, e ad un possentes'appresentando, i riguardanti ingombra


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





Achille Mirmidóni Pelìde Achille Prìamo Pelìde Immortale Achille Giove Automedonte Alcimo Marte Achille Achille