d'improvviso stupor; tale il Pelėde
del dëiforme Prėamo alla vistastupė. Stupiro e si guardaro in viso
gli altri con muta maraviglia, e allorail supplice cosė sciolse la voce:
Divino Achille, ti rammenta il padre,
il padre tuo da ria vecchiezza oppressoqual io mi sono. Io questo punto ei forse
da' potenti vicini assediatonon ha chi lo soccorra, e all'imminente
periglio il tolga. Nondimeno, udendoche tu sei vivo, si conforta, e spera
ad ogn'istante riveder tornatoda Troia il figlio suo diletto. Ed io,
miserrimo! io che a tanti e valorosifigli fui padre, ahi! pių nol sono, e parmi
giā di tutti esser privo. Di cinquantalieto io vivea de' Greci alla venuta.
Dieci e nove di questi eran d'un soloalvo prodotti; mi venėano gli altri
da diverse consorti, e i pių ne spensel'orrido Marte. Mi restava Ettorre,
l'unico Ettorre, che de' suoi fratellie di Troia e di tutti era il sostegno;
e questo pure per le patrie muracombattendo cadéo dianzi al tuo piede.
Per lui supplice io vegno, ed infinitidoni ti reco a riscattarlo, Achille!
Abbi ai numi rispetto, abbi pietadedi me: ricorda il padre tuo: deh! pensa
ch'io mi sono pių misero, io che soffrodisventura che mai altro mortale
non soffrė, supplicante alla mia boccala man premendo che i miei figli uccise.
A queste voci intenerito Achille,
membrando il genitor, proruppe in pianto,
e preso il vecchio per la man, scostollodolcemente. Piangea questi il perduto
Ettorre ai pič dell'uccisore, e queglior il padre, or l'amico, e risonava
di gemiti la stanza. Alfin satollodi lagrime il Pelėde, e ritornati
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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