tranquilli i sensi, si rizzò dal seggio,
e colla destra sollevò il cadenteveglio, il bianco suo crin commiserando
ed il mento canuto. Indi rispose:
Infelice! per vero alte sventureil tuo cor tollerò. Come potesti
venir solo alle navi ed al cospettodell'uccisore de' tuoi forti figli?
Hai tu di ferro il core? Or via, ti siedi,
e diam tregua a un dolor che più non giova.
Liberi i numi d'ogni cura al piantocondannano il mortal. Stansi di Giove
sul limitar due dogli, uno del bene,
l'altro del male. A cui d'entrambi ei porga,
quegli mista col bene ha la sventura.
A cui sol porga del funesto vaso,
quei va carco d'oltraggi, e lui la duracalamitade su la terra incalza,
e ramingo lo manda e disprezzatodagli uomini e da' numi. Ebbe Pelèo
al nascimento suo molti da Giove
illustri doni. Ei ricco, egli felicesovra tutti i viventi, il regno ottenne
de' Mirmidóni, e una consorte Diva
benché mortale. Ma lui pure il numed'un disastro gravò. Nell'alta reggia
prole negògli del suo scettro erede,
né gli concesse che di corta vitaun unico figliuolo, ed io son quello;
io che di lui già vecchio esser non possodolce sostegno, e negl'ilìaci campi
seggo lontano dalla patria, infestoa' tuoi figli e a te sesso. E te pur anco
udimmo un tempo, o vecchio, esser beatoposseditor di quanta hanno ricchezza
Lesbo sede di Màcare, e la Frigia
ed il lungo Ellesponto. All'opulenzadi queste terre numerosi figli
la fama t'aggiungea. Ma poiché i numiin questa guerra ti cacciâr, meschino!
ch'altro vedesti intorno alle tue murache perpetue battaglie e sangue e morti?
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Giove Pelèo Giove Mirmidóni Diva Màcare Frigia Ellesponto
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