Le ragioni per cui lavorò con i francesi furono tanto politiche quanto economiche; con lo stipendio poté dedicarsi ai suoi studi. Si laureò a Pavia nel giugno del 1805.
Delviniotti era legato alla sua patria. Come scrive Tommaseo: "amava Niccolò questo verde dorso di terra sporgente dall'onde, sul quale egli nacque; ch'è come il sorriso della Grecia all'Italia".
Tornò frequentemente nell'isola, ma la sua intenzione era di seguire l'esempio di molti connazionali e rimanere in Italia; tuttavia durante un viaggio a Corfù nel luglio 1805 incontrò l'amico della gioventù Giovanni Capodistria, il quale, Segretario delle Isole Ionie, aveva la responsabilità di rivederne la legislazione; Capodistria gli offrì un posto di collaboratore, Delviniotti accettò e intraprese così una lunga carriera, che lo costrinse a rinunciare alla vita di letterato in Italia quale conduceva l'amico Mario Pieri.
Nel 1809 fu eletto responsabile della pubblica accusa in Corfù e l'anno successivo Giudice al Tribunale di prima istanza. La carriera continuò anche dopo il cambio di potere quando ai Francesi subentrarono i Britannici. Sotto le autorità britanniche ebbe altre cariche nell'amministrazione della giustizia delle Isole Ionie fino a diventare Giudice della Corte Suprema nel 1834; due anni dopo andò in pensione ma continuò ad occuparsi della cosa pubblica.
È giudicato favorevolmente da Tommaseo per la sua capacità di occuparsi del bene comune. Tommaseo lo prende come esempio di buona condotta di un magistrato:
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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