Qual è il nostro dovere?
Sollevare il capo, per un attimo, fino a che reggono le nostre viscere, e respirare il canto d'oltremare.
Adunare le avventure, dare un senso al viaggio, lottare senza tregua con gli uomini, con gli dèi e gli animali, e lentamente, pazientemente, edificare nella nostra mente - midollo del nostro midollo - Itaca.
Come un'isola, lentamente, con lotta tremenda, si leverà dall'oceano dell'inesistente l'opera dell'uomo.
Scrivere è perciò lottare contro la burrasca (Sturm) dei venti di Eolo, salvarsi dal naufragio nel mar delle parole per mezzo delle parole, mantenersi a galla col velo leggero di Leucotea. Scrivere è mettersi in viaggio per mare, affrontandone i pericoli con la destrezza di provetto marinaio. Lo scrittore deve salvare se stesso dall'azzardo che lo ha spinto di necessità ad affrontare i pericoli della parola, e salvando se stesso, salva anche la parola stessa, lo scrivere. Lo scrittore mette a repentaglio se stesso con la propria scrittura. Un rischio capitale che dispiega in continuazione, ma solo questo rischio gli conferisce identità e lo conferma come tale, lo fanno certo sin dall'inizio dell'arrivo in porto e del riconoscimento. Puntuale, una coincidenza gioca in greco moderno con la parola anagnorizo, che vale tanto "riconoscere" quanto "leggere".
Per questo, finché viaggia, Ulisse non può essere altri che "Nessuno", o meglio Personne, accogliendo il gioco di parole permesso dal francese; o forse anche Persona, giocando questa volta col latino: dunque forse solo una maschera di provvisoria identità. La richiesta di Polifemo non è altro che l'eco di una domanda che proviene dal profondo, forse fin dalla lontana infanzia, che di continuo si ripropone.
| |
Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
|
|
Sturm Eolo Leucotea Ulisse Personne Persona Polifemo
|