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      Il primo verso
     
      Sage mir, Muse, die Taten des vielgewanderten Mannes
     
      può avere come diretta illustrazione un quadro di Caspar David Friedrich, Der Wanderer über dem Nebelmeer (1818) o la Wanderer-Fantasie di Schubert (1822)
     
      L'antica poesia greca è a tutt'oggi artistica perché quei fatti sono ancora condivisi dai lettori, sebbene con la traduzione si sia perso tutto dell'in-volucro fonico e molto della dinamica sintattica, delle ineffabili sfumature delle particelle, dell'architettura retorica interna. Ma nulla a livello testuale! Nulla di quanto riguarda la semantica, letterale o metaforica, dell'espressione. Mutatis mutandis, facendo cioè tara abbondante di quanto l'attualità, la contemporaneità a livello superficiale ci distinguono dall'epoca eroica.
      Confrontando la traduzione di Delvinotti con quella di Pindemonte, Francesco Orioli si proponeva di "riguardare quella nuova poesia, non unicamente in se stessa, ma in quello altresì ch'ella suona al cuore, e che all'anima ragiona, messa al paragone del divino originale di che assume ad esser copia o ritratto"(13).
      Ed in sostanza pare proprio questa la differenza "letteraria" fra Delvinotti e Pindemonte. E dunque la leggibilità, la fluidità della traduzione del Corcirese è tale perché nasce dai fatti, perché dietro quelle parole si riconoscono i fatti, dietro l'ammanto della traduzione si riconosce il testo omerico, così radicato esso stesso nei fatti, che nemmeno l'aura del mito, dell'epos, nemmeno la forma ritmica hanno potuto sradicare dagli eventi narrati (non ha importanza a questo punto se effettivamente accaduti e reali o, nell'ambito della finzione poetica, funzionalmente "simili al vero").


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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