Ciò ch'io dirò? - Telèmaco riprese -. 475
Se Giove il mi concede, io di buon gradoLo scettro accetterò. Presso a' mortali
Il credi tu don sì funesto? CertoRegnar non è sventura: ampia dovizia
Nella magion di un Re tosto risplende, 480
Più che mai lo si onora. Ìtaca moltiPrenci di fresca e di matura etade
Recepe in sé; potrìa di lor qualcuno,
Poiché di vita il padre uscìo, regnarla.
Ma de' miei tetti Re sarò, e de' servi 485
Che per me conquistò l'inclito Ulisse."
a 399 E 'l Polibide: "Qual de' Greci fiaD'Ìtaca il Re nol so: posa l'evento
Sul ginocchio de' Numi. I tuoi tesoriPossiedi e regna sulla tua magione, 490
Ned uom (finché abitata Ìtaca fia)
A malgrado di te, né mai per forza,
Rapìrteli ardirà. Ma da Te bramoSaper, che buono sei, chi è lo straniere?
Donde ei partì? Onde l'origin ebbe? 495
Di qual sangue? qual terra? Ad annunziartiIl ritorno del padre o qua se n' venne
A chieder ciò che gli si dee? Repente,
Senza patir che altri 'l ravvisi, sparve!
Né già vile a' sembianti, uom si parea." 500
a 412 E 'l garzon saggio: "Morta in me ogni speme,
Disperato è il redir del padre mio,
Eurìmaco! Se alcun fia che il mi annunzi,
Nol crederò; né fé presto, né calmiDe' vaticini che la madre chiede 505
All'indovin, quando in sue stanze il chiama.
Ospite mio paterno è lo straniere;
Di Tafo, Mente, che del prode Anchiàlo
Vàntasi figlio: a' Tafi e' signoreggia."
a 420 Tal diè risposta, ma nel suo concetto, 510
Della diva immortal fécesi accorto.
Ne' diletti del canto e della danzaA trastullarsi seguitâro i Proci,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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