Funesto in mente macchinò il ritornoAgli Achivi l'Olìmpio, ché non tutti
Prudenti eran, né giusti, anzi un rio fatoMolti colpì per la terribil ira
Della possente Dea dal guardo azzurro, 180
Inclita prole d'un possente Iddio,
Che fra gli Atridi aspra eccitò contesa.
Convocâr dissennati a parlamentoContro l'usanza, a Sol caduto, i Greci
Che trasser, di Lièo molto gravati, 185
Ad ascoltar ciò che sponean que' duci.
Menelao là ingiungeva ai Dànai tutti,
A far sul dorso ampio del mar ritorno;
Ma forte disgradì quella propostaAll'Atride maggior che fermo avea 190
Di rattener le schiere ed immolandoSacre ecatombe, l'ira violenta
Della diva placar: stolto! né videChe d'allenirla si studiava indarno;
Ché di leggier non càngiasi la mente 195
Degl'Immortali. Mentre con alterniAcerbi detti altercano gli Atridi;
Surser, levando alto rumor, gli Achei,
Per contrario voler tra sé divisi.
Pernottammo così, gli uni agitando 200
Contro gli altri pensier tetri e funesti;
Ché Giove ci apprestava orridi guai.
Come l'alba apparì, nel mar le naviVarammo e molte sopra v'imponemmo
Dovizie e donne d'elegante cinto; 205
Mezza l'oste restò là presso il duceDi genti Agamennón; l'altra, ov'io salsi,
Ne' remi diè; correvano velociLe navi, ché tranquille a noi davanti
L'onde adeguò del mar pescoso un Dio. 210
A Tènedo approdati, ostie votiveA' Numi offrimmo, pur de' tetti nostri
Desiderosi. Ma non piacque a Giove
Consentirci il redir, che, dispietato!
Fiera di nuovo la discordia accese, 215
Ché Ulisse, accorto e saggio Re, ritorseCo' suoi compagni delle navi il corso,
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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