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      Che da me dipartiti, alla veloceNave ir vi lasci, quasi poverello
      Del tutto mi foss'io che in sua magioneCopia non ha di coltrici e di manti,
      Sì che morbido letto a sé medesmo 465
      Ed agli ospiti suoi por non sia dato.
      Ben io vesti possedo e coltri belle;
      No, me vivo, non fia mai che si corchiD'un eroe com'è Ulisse, il figlio caro,
      Su di un palco di nave; indi accorranno 470
      Dopo me i figli miei, gli ospiti tutti,
      Che in queste nostre soglie si addurranno."
      ? 356 "Sempre saggio favelli, o veglio amato,
      - Minerva ripigliò -; fia, ed è ben degno,
      Telèmaco a' tuoi cenni obbediente. 475
      Te dunque ei segua ed appo te pernotti.
      Io vo i compagni ad incorar nel legno,
      Ad impartirvi gli ordini opportuni.
      Maggior d'età solo tra lor mi vanto;
      Gli altri che ci seguîr per mutuo affetto, 480
      Del par che questo giovin prode, tuttiLieti di fresca gioventù se n' vanno.
      Io vo sul legno a stèndermi; dimaniSul far dell'alba, un debito mi reco
      A reclamar dai Càuconi animosi, 485
      Né recente né lieve; or tu che accogliQuesto giovine eroe nel tuo palagio,
      Da qualcun de' tuoi figli accompagnato,
      Màndalo con un cocchio, e gli concediGagliardi e rapidissimi corsieri." 490
      ? 371 Come ebbe detto ciò, la forma assunseD'aquila e si levò Pàllade a volo;
      Sbigottîro gli astanti ed il vegliardoChe pur co' propri vide occhi 'l portento,
      Meravigliò; prese per mano, in questa, 495
      Telèmaco, nomollo e sì gli disse:
      ? 376 "Non io mi penso, no, che ignavo e imbelle,
      Mio diletto, sarai, quando gli Eterni
      In sì florida età ti si fan guida.


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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