Vo' interrogarvi. No, de' maggior vostriNon è la gloria estinta, anzi mi penso 80
Che da scettrati re voi discendete:
Genti ignobili, oscure, altera proleChe a voi somigli, generar non ponno."
d 65 Tacque ed a loro, di sua mano offerseIl pingue tergo di arrostito bue 85
Che a grande onore, gli era posto innanzi.
Steser le mani alle vivande apposteI giovani. Ma poi ch'ebbon di beva
Ripresso e della fame ogni desìo,
Piegando il capo, ond'altri a udir non l'abbia, 90
Telèmaco al Nestòride sì disse:
d 71 "Pon mente, o del cor mio dolce conforto,
Pisìstrato! Ve' tu, come risplendeIl rame in questa sala alta e sonora,
Come avorio ed elettro, argento ed oro 95
Vibrin lucidi rai. Tal mi cred'ioBrilla di Giove Olìmpico la reggia.
Oh! dovizia infinita. Oh! altera pompa,
Tutto ch'io veggio di stupor mi opprime."
d 76 L'udì l'Atride e tosto: "O figli amati! 100
A nullo è dato gareggiar con Giove,
I cui palagi nell'empiree sediE gl'immensi tesor durano eterni.
Quanto agli umani, altri con me contendeDi dovizie, altri no. Certo non senza 105
Patir gran mali ed ir gran tempo errando,
Sulle navi le addussi e al volger soloDell'ottavo anno al suol natìo pervenni;
Vagando sempre Cipri e la Fenicia,
I Sidoni, gli Egizi e gli Etiòpi, 110
Gli Erembi e Libia visitai, là doveProducon l'agne nel girar d'un anno
Tre figli e l'agnellin cornuto nasce.
Quivi, né il sir del campo, né 'l pastoreHa men le carni ed il rappreso latte, 115
O delle presse mamme il dolce rioChe in qualunque stagion largo si emunge.
Mentr'io qua e là vagando, raccogliea
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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