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      d 370 "Forestiere - accostàtasi, mi disse -,
      Stolto se' tu cotanto o se' deliro?
      O ti piaci nell'ozio e negli affanni,
      Che in quest'isola star t'indugi tanto, 485
      Senza trovare alcun rimedio e in questa,
      De' tuoi compagni il cor ti si consuma?"
      d 376 "O Tu, che se' certo una Dea - risposi -,
      Il ti dirò: non già di voler mioQua m'indugio, ma certo avrò del vasto 490
      Cielo gli Eterni abitatori offesi;
      Deh! Dimmi tu (ché a' Numi è chiaro il tutto)
      Chi di lor qua rattièmmi e mi contendePer lo pescoso pelago il ritorno?"
      d 383 "Tutto che so vo' dirti, o Forestiere, 495
      - L'alma Diva soggiunse -. Usa qui spesso,
      Verace marin veglio, l'immortaleEgizio Pròteo che del mar conosce
      Tutti gli abissi ed è a Nettun ministro;
      Fama il grida mio padre. Ove tu possa 500
      Indonnarti di lui, stando in agguato,
      T'insegnerà le vie del tuo viaggioE quanto è lungo e come al natìo loco
      Per lo pescoso mar giunger ti è dato.
      Diratti ancor, se il brami, o amor di Giove, 505
      Tutto che fausto o avverso in tua magioneSorvenne, sin dal dì che allontanato,
      Per lungo aspro cammin tu ti se' messo".
      d 395 "O Dea! - sclamai -, tu stessa ora m'insegna,
      Qual degg'io porre insidia al divin veglio, 510
      Ond'ei non l'antiveggia o la presenti,
      E via tosto dilèguisi; non fiaLeve impresa a un mortal domare un Nume".
      d 399 E la Dea: "Ragguagliarti, o Forestiere,
      Mi è tardo omai di ciò ch'èmmi palese; 515
      Come a mezzo del Ciel salito è il Sole,
      Emerge il veritier Nume dall'acque,
      Allo spirar di Zèffiro che il cela,
      Con l'orror di che il mare allor s'imbruna,


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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