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      Telèmaco, finché l'undecim'albaRiluca o la duodecima; indi tutto 760
      Ciò che al tuo dipartir fa di mestieriAppresterò, porgendoti anche questi
      Magnifici presenti: un eleganteCocchio con tre corsieri ed una tazza
      Effigiata, acciò che agl'immortali 765
      Libando di dì in dì sempre nel coreViva serbi di me la rimembranza."
      d 593 Ed il garzon: "Non rattenermi, Atride,
      Gran tempo qui. Deh! come intero un annoRimarrei presso Te, senza che mai 770
      Pungèssemi il desir di mia magione,
      Né de' miei genitor; tanta nel cuore,
      Udendo il tuo sermon, viemmi dolcezza;
      Ma dolenti oltremodo i miei compagniStànnosi là nella divina Pilo 775
      Pel mio ritardo; adunque tu più a lungoNon trattenermi. De' tuoi doni eletti
      Picciol arnese riterrò soltanto;
      Né ad Ìtaca i destrier per me fìen tratti,
      A te gli lascerò decoro e pompa 780
      Di queste piagge; perocché tu donnoSe' di vasta contrada, ove biondeggia
      Il presente di Cèrere, ove in copiaCresce il loto e la spelda ed il cipèro,
      E 'l candid'orzo che lontan si spande. 785
      Non già vaste carriere e prati erbosiStèndersi nell'alpestre Ìtaca vedi;
      Di capre è altrice, pur èmmi più caraChe se larga a' corsier desse pastura.
      Tra le cinte dal mare isole, nulla 790
      Ricca è di campi atti a nutrir cavalli,
      E men che tutte l'altre, Ìtaca mia."
      d 609 Sorrise il forte Atride, ed al garzoneStretta la destra, lo nomò e gli disse:
      d 611 "Chiaro mostra il tuo dir, figlio diletto, 795
      Esser tu di buon sangue. Or commutartiPiàcemi i doni, e mi fia agevol cosa.
      Di quanto sta ne' tetti miei riposto,


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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