Nella magion d'Ulisse rientrâro.
d 675 Né già gran pezzo de' partiti ignara, 880
Che nell'imo del cor volgeano i Proci,
Penèlope si fu; la fece accortaMedónte, il banditor, che la consulta,
Stando al di fuori del cortile, udìa,
Che nell'interno ordìan gli empi la trama. 885
Precipitoso corse ad annunziarlaAlla regina. Ella che il vide appena
Oltrepassar la soglia, a dir si prese:
d 681 "A che i Proci superbi, o banditore,
Mandârti? A impor che cessino dall'opre 890
Del divo Ulisse le captive e ad essiApprestino il convito? Ah! non altrove
Ambiscano le nozze e non più maiSi adunin qui, ma sia de' lor conviti
L'ultimo questo! O Voi, che in sì gran calca 895
Struggete il molto vitto e le ricchezzeDi Telèmaco mio, non dunque udiste
Nell'età giovenil da' padri vostriI modi che con lor tenne l'eroe?
Ned atto ingiusto fece mai, né acerbo 900
Presso il popolo suo detto proferse.
Pur de' scettrati Re tale è l'usanza,
Diliger gli uni, abborrir gli altri. UlisseUom non afflisse mai d'onta o d'oltraggio:
Ma in queste detestate opere indegne 905
Tutta appar l'alma vostra e come è spentaD'ogni antico favor la rimembranza."
d 696 Ed il saggio Medónte: "Ah! piaccia ai Numi
Che il maggior mal sia questo, alma reìna!
Altro più grave e vie più fiero i Proci 910
Volgono in mente; e tu spèrdilo, o Giove!
Uccìderti di ferro al suo ritornoBramano il figlio, che a ritrar del padre
A Pilo e a Lacedèmone si volse."
d 703 A questi accenti le ginocchia e 'l core 915
Tosto fiaccar Penèlope si sente;
Lunga pezza ammutì; pregni di pianto
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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