Dove i mortali a' Numi offrano vótiEd esimie ecatombe. Or questa è mente
Ferma di Giove, cui non osa alcunoNé violar, né preterir de' Numi. 130
Dic'ei che tu ricetti un di que' prodi
(E di tutti 'l più misero) che intornoDi Prìamo alla città pugnâr nov'anni;
Poiché al decimo in fin la rovesciâro,
Vèr la terra natìa drizzâr le prode. 135
Ma nel redir offesero Minerva,
Che i turbini sonanti e le vast'ondeContra lor sollevò. Quivi d'Ulisse
Tutti perîr gli intrepidi compagni;
Qua dal vento e dall'onda ei fu sospinto. 140
Quest'eroe congedar Giove t'ingiungeSubitamente. Ch'ei non ebbe in fato
Lunge da' suoi perir; ma gli è destinoRivederli e agli aviti alti palagi,
Alla terra natìa di far ritorno." 145
e 116 Calipso inorridì: "Numi crudeli,
Vinti più ch'altri da furor geloso!
Quanta invidia portate ad ogni Diva
Che apertamente ad un mortal si unìo,
Poi che a diletto suo sposo il si elesse! 150
Quando l'Aurora dalle rosee ditaOrione rapì, chiusi teneste
Gl'invidi spirti ed il rancor nel petto,
Finché in Ortìgia, co' suoi miti straliSaettandolo, Artèmide l'uccise. 155
E quando solo dal suo cor sospinta,
Giasión desiò Cèrere bionda,
Tal che il si strinse d'amoroso amplessoLà nel maggese che tre volte avea
Risolcato l'aratro, il Sir d'Olimpo, 160
Non del successo ignaro, Giasione
Con la rovente folgore scoscese.
Del par mi contendete, invidi Numi,
Ch'io possegga il mortal che or meco alberga.
Pur da me fu serbato, allor che errava 165
A cavalcion della carena ei solo,
Posciaché il negro suo legno veloceConquassato dal folgore e disperso
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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