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      La Dea cibi e licor, di ch'uom si pasce,
      Pósegli innanzi e gli si assise a fronte.
      Nettare e ambrosia a lei porgean le ancelle. 250
      Stese le mani alle vivande e presoDella mensa diletto, in questa guisa
      Diè principio al suo dir l'inclita Ninfa:
      e 203 "O diva prole di Laerte, o insignePer senno, Ulisse; or dunque in cuor del verno 255
      A' cari tetti e alla natìa contradaIr di subito vuoi? Va' pur felice!
      Ma se in tua mente balenasser, quantePatir gràvati il Fato acerbe doglie,
      Pria di giunger colà, qui rimarresti, 260
      Qui con meco a guardar queste mie case;
      E saresti immortal, benché il cor t'ardaBrama di riveder quella tua donna
      A cui sempre sospiri. Io pur mi vantoNon di statura, no, né di fattezze, 265
      Esser da men di lei. Certo a' mortaliDonne, né di beltà né di persona
      Con le immortali gareggiar si addice."
      e 214 "Non corrucciarti meco, orrevol Diva,
      - Ulisse ripigliò -; conosco appieno 270
      Che da meno di Te, nel tuo cospettoFia la saggia Penèlope, o si guardi
      Alla persona o alla beltà; devotaEssa alla Parca e Tu immortal, ned ave
      In tua fresca beltà ragione il tempo. 275
      Pur questo vo', questo è il pensier che soloStammi a tutt'ore nella mente infisso:
      Che splenda il dì che nel paterno tettoRientrar mi farà. Che se alcun Nume
      Pel negro a m'infestar mare si ostina, 280
      Sopporterò, ché contro alle sventureIntrepida nel petto alma rinserro;
      Molti sul mar, molti travagli in guerraSostenni, ai tanti aggiùngasi quest'uno."
      e 225 Caduto in questa il Sol, scese la Notte; 285
      Processi in fondo alla capace grotta,


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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