Forti leve, nel mar vasto il sospinse.
e 262 Al quarto dì tutto era in pronto, il quintoDall'isoletta il congedò la Diva,
Dopo che il cinse di odorate vesti 330
E che d'un bagno il confortò. Nel legnoOtri due collocò: l'un di vermiglio
Bacco, l'altro maggior di limpid'onda;
La vettovaglia chiuse in un capaceZaino, in che mise molte dapi elette; 335
Mite e benigno in fin largìagli un vento.
Lieto, a quel vento dispiegò le vele,
Ed assiso al timon, con arte Ulisse
Dirigévane il corso, ned il sonnoLe luci gli gravò, mentre mirava 340
Le Plèiadi ed il lento tramontanteBoóte e l'Orsa, pur nomata il Carro,
Che lì si gira e guarda in Orione,
Sola da' flutti dell'Ocèano intatta.
Questa, varcando il mar, lasciare a manca 345
Commìsegli la Dea. Ben dieci e setteDì navigò, quand'ecco il dì vegnente
Sórsegli a fronte, co' suoi monti ombrosiDe' Feaci la terra a cui già è presso.
Pàrvergli, come al guardo gli si offerse 350
Sul tenebroso mar, quasi uno scudo.
e 282 Ma di Etiopia reduce Nettuno,
Sin dall'alte di Sòlima montagneGettò lunge lo sguardo e affigurollo
Veleggiante sull'onde; acceso in ira, 355
Squassò il capo e tra sé così a dir tolse:
e 286 "E che? Dunque mutâr consiglio i Numi
Intorno a Ulisse, mentr'io féa soggiornoTra gli Etiòpi? Ecco già presso è giunto
De' Feaci alla terra, ov'ebbe in sorte 360
Sfuggir l'alte sventure ond'egli è oppresso.
Pur di guai, mi cred'io, sazio fia prima."
e 291 Detto, afferrò 'l tridente, adunò i nembi,
Il mar turbò. Di tutte le tempesteTutti i vènti eccitò; la terra e l'onde 365
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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437 |
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