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      Di nugoli coprì; dal Ciel la Notte
      Precipitò: piombâr quasi in un gruppo,
      Con Èuro e Noto ad una, 'l violentoZèffiro e l'Aquilón che d'alto spira,
      Spazza i nembi e le vaste onde rivolve. 370
      Mancar sentissi le ginocchia e 'l coreUlisse e alla sua grande alma gemendo:
      e 299 "Ahi! misero - dicea -, di me che fia?
      Temo verace della Ninfa il detto:
      Ch'io sosterrei nel mar gran doglie, prima 375
      Di redir a' miei lari; or ciò si adempie.
      Oh! di quai nubi 'l ciel vasto inghirlandaGiove, l'onde turbò, di tutti i vènti
      Impeto fan sul mar fiere tempeste.
      Certa e ria morte or tiemmi: Oh! fortunati 380
      Tre volte e quattro i Dànai che agli Atridi
      Gratificando, là ne' campi d'ÌlioCadeano! Deh! perché non caddi anch'io
      Quel dì che i Tèucri al morto Achille intorno,
      Tante ferrate in me lance avventâro! 385
      Sortito avrei gli onor funèbri, a cieloCelebrato mia gloria arìen gli Achivi;
      Or mi danna il Destino a ignobil morte!"
      e 313 Tacque, e dall'alto ruinando un'ondaOrribilmente, rigirò la barca, 390
      E da quella l'eroe lungi sospinse.
      Via gettò il tèmo; de' commisti vèntiL'irrompente terribile procella
      L'albero gli scoscese; in mar lontanoVela ed antenna caddero; gran tempo 395
      Stette sommerso, né da' tempestosiFlutti ratto emergea, perocché troppo
      Di Calipso il gravavano le vesti.
      Sorse alfine dal mar, molta salsa ondaVomitando, che giù dal capo a rivi 400
      Con lene sibilar gli discorrea.
      Benché rotto di stento, e' già non poseLa zattera in obblìo, ma sovra i flutti
      Lanciàtosi, ghermìlla; indi nel mezzo,
      Schivando il fin di morte, vi si assise.


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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